Quanto sono profonde le radici del linguaggio musicale nell’ambiente che la circonda?
Da quando è uscita dai teatri, si è sempre più spesso contaminata.
Nel senso che, se per certi versi il nesso con il resto del mondo appare discutibile, per altri diventa lampante, specie se si pensi ai diversi settori di produzione artistica, ad esempio il contenitore cinematografico, o pubblicitario, come racconto nel video.
In realtà, in questo caso specifico, proporrei una breve ma intensa incursione nel mondo barocco che viene abilmente modernizzato a fini puramente commerciali.
O c’è dell’altro?
Si rischierà cioè di scoprire che sempre più spesso, la musica viene incaricata di veicolare messaggi eteronomi: di sconfinare dal tempo e dal luogo in cui è stata concepita, per diventare una metafora velatamente politica.
Parlare di ciò che in apparenza non le appartiene, filtrare tutto ciò che l’autore/regista dell’opera polisemantica non dice.
Ma vuole intendere, filtrare.
Comunicare.
Nel video proposto, si confrontano le retoriche di Haendel e Bach con le politiche commerciali di Levi’s e Breil.
Nella seconda delle quali, si scomoda persino la Joannes Passion nella rivisitazione di Harry Jackman, denominata (non a caso) Transfiguration.
Quanto è legittima una simile operazione?
Di certo, è la pura realtà con cui ci confrontiamo ogni giorno.
Cosa ne pensate?
Vi aspetto.
Federica Ferretti